venerdì 29 aprile 2016

Re e Cavalieri, un racconto breve

Molto tempo fa un gruppo di onorevoli cavalieri, abili e fedeli guerrieri al servizio del regno, venne chiamato al castello dove il Re in persona, disperato, vestito con solo una vestaglia da notte ma con la corona luccicante ben fissata sulla testa, incaricò loro di trovare una cura per il giovane Principe, malato di un morbo orribile e sconosciuto. I cavalieri si prepararono e senza particolari cerimonie partirono immediatamente alla volta dei quattro punti cardinali.
"Partite e non tornate finché non avrete trovato qualcosa, qualsiasi cosa che possa salvare mio figlio!", furono le ultime parole sputate dal Re, volto segnato dalle lacrime e dal dolore, e forse anche dalla pazzia.

I cavalieri misero loro per le terre del mondo, sui mari, sulle montagne, nei deserti e nelle docili pianure. Parlarono con molte persone diverse: guerrieri, mercenari e presunti stregoni, ladri, prigionieri e anche con qualche innocente bambino. Cercarono una soluzione alla malattia del Principe, cercarono in ogni angolo del mondo, sotto ogni pietra coperta di muschio in ogni foresta della terra, in qualsiasi lago possibile, in tutti gli oceani.
La ricerca durò talmente tanto che passò qualche decennio. Molti cavalieri morirono, magari uccisi nella notte da qualche ladro intento a rubare l'armatura e le armi e i pochi denari nel borsello. Altri semplicemente impazzirono: un giorno si guardarono riflessi in uno specchio d'acqua e non si riconobbero più, sfoderarono la spada lunga e si tagliarono la gola. Altri ancora cambiarono vita mettendosi a fare cose più semplici e meno impegnative, e non tornarono mai più nel regno del loro vecchio Re. In effetti i cavalieri non ricevettero alcuna notizia, alcuna missiva, sulle condizioni del regno, del Re e del Principe, per tutta la durata della ricerca.
Girò anche la voce di un cavaliere che riuscì a trovare una soluzione alla malattia del Principe ma morì misteriosamente nel viaggio di ritorno.

Un abile cavaliere di mezza età, partito verso il gelido nord, si ritrovò a maledire il suo stesso Re e la sua folle idea di ricerca. Pensò che quando qualcuno è destinato a morire non si possa fare nulla per impedirlo. Camminò per chissà quanti anni sempre verso nord, e ad ogni passo la temperatura gli sembrò scendere di qualche grado. All'alba del giorno più freddo, vide in lontananza un piccolo santuario quasi totalmente coperto dalla neve, che ormai scendeva da qualche settimana. Sotto questo piccolo santuario notò un luccichio strano che riconobbe subito essere la sua stessa armatura, con tanto di simboli del regno di appartenenza.
Si slegò la spada dalla vita, si slacciò l'armatura e fece cadere il tutto. Alzò prima una mano e poi si mise a correre urlando. Più si avvicinava e più la figura di un altro cavaliere prono intento a pregare si palesò ai suoi occhi. Urlò ancora, ma dalla bocca uscì un lamento, iniziava a perdere la sensibilità delle labbra.
Si avvicinò all'altro cavaliere inginocchiato e gli posò una mano sulla spalla, per invitarlo a girarsi. Incontrare un'altro compagno della missione era un evento più unico che raro.
"Hai trovato la cura?" le uniche parole che gli uscirono dalla bocca. L'altro non rispose. Quindi il cavaliere senza più spada e armatura voltò il compagno con la forza e non appena lo fece sentì un rumore sinistro, come se un fuscello di legno venisse spaccato in due.
Il compagno era morto da tempo, congelato nella preghiera, il volto ormai era un teschio azzurro, simile al cristallo. Chissà da quanto tempo era in quella stessa posizione.

Il cavaliere alzò gli occhi al cielo e maledisse tutto quanto era possibile maledire, urlò a pieni polmoni tutta la rabbia verso il suo Re folle, dopodiché sfilo la spada congelata dal fodero del compagno e si scucì dall'ombelico fino al mento. Poi cadde e fece sciogliere la neve ai piedi del santuario con tutto il sangue caldo del suo corpo.

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